Numerosi sono i fattori di rischio implicati nell’insorgenza delle lesioni da decubito. Questi si possono suddividere in fattori intrinseci (legati al paziente) e fattori estrinseci (legati all’ambiente).
Di seguito si riassumono i più importanti.
FATTORI INTRINSECI:
• malnutrizione (albumina sierica < 3,5 g/dL (indicatore discusso)- linfociti <1200 mm3 diminuzione del peso corporeo superiore al 15%) → diminuita sintesi proteica ed ipoalbuminemia, che causano edema interstiziale e sofferenza cellulare;
• ipoproteinemia → maggiore vulnerabilità all’ischemia;
• anemia → ipossigenazione;
• età avanzata → modificazioni della cute, diminuite difese e ritardata riparazione;
• incontinenza → macerazione;
• febbre → aumentata richiesta d’ossigeno;
• immobilità, fratture → aumentata esposizione alla compressione;
• perdita di sensibilità → compromissione del meccanismo riflesso del cambio di postura;
• ipoperfusione → ischemia;
• malattie cardiovascolari e respiratorie → alterata circolazione ematica e quindi ipossia tissutale;
• obesità → carico eccessivo;
• magrezza → riduzione dei tessuti che fanno da “cuscinetto” tra la cute e le prominenze ossee;
• infezioni sistemiche → ascessi muscolari e cutanei;
• diabete mellito → angiopatia;
• ipoglicemia → diminuita sintesi di collagene;
• disidratazione → ipoperfusione;
• immunodepressione → riduzione delle difese;
• fumo → fibrosi del derma;
• malattie psichiche → ipomobilità.
FATTORI ESTRINSECI:
• stress meccanico (ad es. frizione quando il paziente viene mobilizzato);
• inadeguata rimozione della compressione nel paziente allettato;
• interventi chirurgici senza rimozione della compressione per oltre 2.5 ore;
• riduzione della temperatura della sede di compressione (cellule ed enzimi sono maggiormente attivi a temperatura corporea);
• essiccazione della medicazione (la guarigione è facilitata in ambiente umido);
• utilizzo di steroidi che abbassano le difese dell’organismo e riducono i processi riparativi;
• alto turnover e carenze nei flussi informativi tra operatori sanitari.
La misurazione del rischio dei pazienti di sviluppare lesioni da decubito è il primo passo da compiere per una corretta pianificazione degli interventi di prevenzione. Tale misurazione deve essere effettuata, impiegando strumenti di verifica validati quali “scale di valutazione”.
Queste devono essere somministrate ai pazienti e devono essere ripetute con cadenza stabilita in base al fattore di rischio iniziale (settimanale, quindicinale, ecc.). La rivalutazione del paziente deve essere realizzata, in particolare, ad ogni cambiamento delle condizioni esistenti e nei casi in cui intervengano modifiche dei parametri oggetto di valutazione, anche se relative ad un singolo dato (comparsa di incontinenza, modifica delle stato di coscienza, ecc.).
Non è tanto importante il tipo di scala impiegata quanto la sua applicazione sistematica. Il valore di rischio è riportato nella cartella clinica del paziente allo scopo di definire il piano di intervento.
Esistono differenti “scale di valutazione” utilizzate per la valutazione del rischio dei pazienti: tra tutte le più utilizzate sono la scala di Norton e quella di Braden.
Analizziamo nello specifico il funzionamento della scala di Norton.
La scala di Norton è stata la prima scala di valutazione del rischio di insorgenza di lesioni da decubito ed è stata creata nel 1962, partendo dall’osservazione di 600 pazienti. È lo score più usato in Inghilterra ed è uno dei più diffusi nel mondo.
L’indice di Norton è un sistema sensibile e facile da applicare, che prende in considerazione nel paziente quattro fattori: lo stato fisico generale, lo stato mentale, la motilità e l’incontinenza urinaria e fecale. A ciascuno di questi fattori si deve attribuire un punteggio in base alla situazione o condizione del paziente. Il punteggio varia da 1 (situazione peggiore) a 4 (situazione ottimale, non a rischio). Il rischio di sviluppare lesioni da decubito è lieve con un punteggio da 14 a 12. È elevato se inferiore o uguale a 12. Il rischio diminuisce quasi linearmente con l’aumentare del punteggio. È stata testata su soggetti anziani in ambiente ospedaliero, non esistono dati relativi di affidabilità, la versione originale non comprendeva le definizioni delle sue sottosezioni (Norton, Mc Laren e Exton-Smith, 1975). Le successive modificazioni della scala di Norton hanno incorporato tali definizioni nel 1989; essa prende in considerazione cinque fattori di rischio.